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Non ci sono mai state un buona guerra e una cattiva pace. Benjamin Franklin
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ciaoRiprendono le parole di Eva Pastorelli, volontaria del Servizio Civile Universale in Perù e oggi persona che lavora nell’ufficio di FOCSIV a Roma, che ha rivolto a Silvia Romano in occasione del XXVI Premio del Volontariato Internazionale FOCSIV 2019 nella lettera nella quale sottolineava come la scelta di essere volontari nascesse dalla scelta “di dedicarsi agli ultimi, ai più vulnerabili, aprendo la testa e il cuore e volgendo lo sguardo verso chi non è stato fortunato quanto noi. Perché, come hai scritto anche tu, (tutti) “Meritano di avere le nostre stesse opportunità perché siamo tutti esseri umani in cerca di libertà, realizzazione, felicità". https://www.focsiv.it/news/lettera-a-silvia-romano/dsfIl Presidente, tutti i componenti del Consiglio e le 87 ONG associate FOCSIV salutano con gioia la notizia della liberazione di Silvia Romano, sono vicini alla famiglia che in questi 17 lunghi mesi hanno affrontato questo dramma con grande dignità e fiducia nelle Istit
Riprendono le parole di Eva Pastorelli, volontaria del Servizio Civile Universale in Perù e oggi persona che lavora nell’ufficio di FOCSIV a Roma, che ha rivolto a Silvia Romano in occasione del XXVI Premio del Volontariato Internazionale FOCSIV 2019 nella lettera nella quale sottolineava come la scelta di essere volontari nascesse dalla scelta “di dedicarsi agli ultimi, ai più vulnerabili, aprendo la testa e il cuore e volgendo lo sguardo verso chi non è stato fortunato quanto noi. Perché, come hai scritto anche tu, (tutti) “Meritano di avere le nostre stesse opportunità perché siamo tutti esseri umani in cerca di libertà, realizzazione, felicità". https://www.focsiv.it/news/lettera-a-silvia-romano/FOCSIV e tutte le 87 ONG associate salutano con gioia la liberazione di Silvia Romano"Negli stessi momenti in cui il Parlamento si appresta a convertire in legge l’ennesimo decreto “sicurezza” governativo che criminalizza e contrasta le organizzazioni umanitarie per le attività di soccorso e salvataggio di vite umane, in Provincia di Foggia qualcuno ha deciso di trasportare le parole di odio profuse nell’ultimo anno nei confronti dei cittadini stranieri in azioni criminali. La conseguenza è che negli ultimi 10 giorni si sono susseguiti una serie di eventi gravissimi e violenti, compiuti tutti all'alba e nella stessa zona della prima periferia di Foggia in danno di lavoratori stranieri individuati in base al colore della loro pelle. Non sfuggirà l'importanza della questione che coinvolge, ora, una provincia nella quale, specie in questo periodo dell'anno, si concentra un elevato numero di persone straniere occupate nel lavoro agricolo. Dal 13 al 23 luglio sono almeno quattro le aggressioni, evidentemente di matrice razzista, che si sono accompagnate all’omicidio di Daniel Nyarko, 51 anni, cittadino ghanese, ucciso il 28 marzo scorso con due colpi di arma da fuoco, sparati da ignoti, pochi chilometri ad est di Borgo Mezzanone (Fg), mentre tornava a casa in bicicletta, dopo aver fatto la spesa. Le persone aggredite, dopo aver ricevuto le cure ospedaliere, sono assistite da Intersos per l'aspetto sanitario, da ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) e FLAI - CGIL quanto all'aspetto legale e quello sindacale. Queste violenze sono state inflitte sempre al sorgere del sole, sempre e soltanto a spese di lavoratori africani. Le vittime hanno riferito che i responsabili sono italiani. Tutti gli episodi più recenti hanno riguardato lavoratori agricoli stagionali, quegli stessi lavoratori senza i quali il ricchissimo Tavoliere pugliese smetterebbe di produrre e commercializzare gran parte dei prodotti agricoli che giungono nelle case in Italia ed all’estero. Il clima che si è venuto a creare, non a caso, è conseguente anche alle iniziative della Prefettura di Foggia che nel corso degli ultimi mesi ha ritenuto di mettere in atto un piano di sgombero dei fabbricati adibiti ad abitazione dai lavoratori agricoli stagionali di nazionalità estera, senza premurarsi in alcun modo delle conseguenze in termini di marginalizzazione sociale e di precarietà lavorativa e giuridica in cui ha lasciato chi si è trovato coinvolto in tali operazioni di polizia, nonché del clima di odio sociale che ha contribuito a determinare. Ma non possiamo dimenticare, anche, la drammatica assenza di proposta ed azione concreta da parte delle istituzioni locali (Regione Puglia e comuni dell’area, in primis) che, infatti, da anni hanno abbandonato la stessa possibilità di intervenire su uno dei nodi cruciali dell’economia e della integrazione sociale in Puglia. ASGI, FLAI - CGIL e Intersos continuano a fornire assistenza alla persona ricoverata ed agli abitanti dell'area dove dimora con altri lavoratori, tutti ugualmente preoccupati per loro stessi e per gli altri, ma anche con un profondo senso di ingiustizia, per quanto accaduto ai loro compagni. Tuttavia è evidente che questo clima persecutorio necessita di risposte complesse che non possono essere relegate esclusivamente nell’alveo della pubblica sicurezza: se è fondamentale intervenire per individuare e punire i responsabili delle ignobili azioni criminali degli ultimi mesi, è altrettanto determinante verificare che esso origina da una narrazione politica discriminatoria e strumentale che coinvolge le più alte istituzioni governative e si sta traducendo, giorno dopo giorno, in una legislazione sempre più pericolosa per l’intera popolazione, autoctono e straniera. Se è fondamentale che, in relazione ai fatti su cui si generano queste brutalità, in un clima sempre più inumano, la società civile dia forti e chiari segnali di solidarietà alla comunità dei lavoratori migranti, non può dimenticarsi che la condizione sociale e giuridica dei lavoratori stranieri delle campagne del foggiano e, più in generale, del sud Italia deve essere affrontata
dalle istituzioni centrali e locali in maniera non emergenziale e miope, ma attraverso un piano che sia capace di tutelare le condizioni di sicurezza (anche sociale) dei lavoratori e di riconnettere il tessuto sociale autoctono con i lavoratori stranieri che stabilmente o stagionalmente vivono il territorio. Farsi carico delle esigenze e delle prospettive dei migranti oltre che rispondere ai compiti istituzionali ed ai doveri costituzionali degli enti pubblici, permette di guardare “ai margini” della cittadinanza e, quindi, di valutare e meglio applicare la portata universale dei diritti sociali e delle forme della convivenza delineate nella Costituzione. Se a livello governativo si vuole mettere in discussione anche il concetto di eguaglianza formale delle persone dinanzi alla legge, alle istituzioni democratiche locali tocca il compito, invece, di delineare le forme ed i modi di partecipazione alla vita consociata ed alla integrazione sociale, così realizzando i presupposti della cittadinanza e della uguaglianza sostanziale. In questo senso è urgente che la Prefettura di Foggia, assumendosi le responsabilità che le competono, ripensi integralmente le strategie esclusivamente repressive sinora messe in atto nei confronti dei migranti e che la Regione Puglia (considerato la prolungata mancanza di un interlocutore univoco) si doti di un apparato istituzionale capace di affrontare uno dei temi più rilevanti della fine del suo mandato investendo risorse politiche ed economiche per la tutela dei lavoratori e lo sviluppo del territorio. Interventi parziali, tra l’altro assolutamente insufficienti sia quantitativamente che qualitativamente, come quelli messi in atto recentemente dalla Regione, denotano miopia politica e comportano una evidente acquiescenza alle scelte del governo centrale su cui non è possibile soprassedere.
Per porre in evidenza i gravi accadimenti che hanno coinvolto i lavoratori, al fine di sensibilizzare la Foggia che accoglie e che condanna questi gravi gesti di intolleranza e di intimidazione a sfondo razzista, accogliendo la richiesta dei lavoratori, sosteniamo il Critical Mass in bici per le vie della città Martedì 30 luglio con partenza dal piazzale Vittorio Veneto alle ore 18-Largo Stazione ed invitiamo tutte e tutti a la parteciparvi.
A.S.G.I. (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) Coop. Soc. Arcobaleno Centro interculturale "Baobab - sotto la stessa ombra" FLAI-CGIL INTERSOS Solidaunia |
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10/11/2014 |
ZAPATISTI, MARXISTI E INDIGNADOS TUTTI DAL PAPA:"AMO I DEBOLI"
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IN VATICANO I MOVIMENTI MONDIALI, TERRENO UNA VOLTA ARATO DALLA SINISTRA
di Salvatore Cannavò
Nel tempo in cui la sinistra non sa dire nulla si sè, può capitare di entrare in Vaticano e trovare centinaia di espponenti dei movimenti sociali di tutto il mondo parlare sotto la croce di Cristo citando Marx. Di ascoltare il presidente boliviano, Evo Morales, proporre di "uscir fuori dal capitalismo". Oppure sentir esaltare "il processo rivoluzionario" della lotta zapatista e il passamontagna sul volto del sub-comandante Marcos. Si possono incontrare campesinos, sindacati, marxisti e anarchici, gli indignados spagnoli e gli Steelworkers statunitensi. Oppure gli italiani del Leoncavallo, la Fabbrica "recuperata" Rimaflow, la cascina anch'essa recuperata, Mondeggi che fa parte della rete Genuino Clandestino. E ancora, nell'introduxione di monsignor Marcelo Sànchez Sorondo, Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, si sente parlare degli Indignados oppure di Occupy Wall Street come ripresa "del movimento di critica al capitalismo".
L'INCONTRO MONDIALE dei movimenti popolari che si conclude oggi presso il Centro Salesianum di Roma, ha avuto ieri il suo momento clou con l'intervento del papa e quello, distinto, di Morales nel pomeriggio. Un evento originale nato dalla volontà dei movimenti sociali provenienti da tutto il mondo e dalla scelta del papato che, non a caso, ha voluto partecipare in prima persona sia pure per una sessione di quasi due ore. A rappresentare la Santa sede, comunque, sono stati incaricati il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e monsignor Sorondo.
"Se parlo di terra, casa e lavoro sembra che il Papa sia comunista" ha esordito Francesco nella sua comunicazione di ieri mattina. "Ma terra, casa e lavoro sono parte della dottrina sociale della Chiesa". La volontà del vaticano di offrire una sponda reale a una realtà che fino a ieri guardava solo alla sinistra degli schieramenti politici, è palese. La gran parte dei leader dei Sem Terra brasiliani, Joao Pedro Stedile, sono stati i promotori dei Social forum di Porto Alegre, hanno contestato i vertici globali. L'anima sociale dell'incontro, Juan Grabois, è leader dei Cartoneros argentini che, oltre a tenere un rapporto strettissimo con l'allora cardinale di Buenos Aires, Jorge Bergoglio, hanno animato le lotte di quel paese accanto ai piqueteros. Le immagini nella vecchia, e suggestiva, sala nascosta in fondo alla Città del Vaticano - anche il Papa ha amesso di non esserci mai stato prima - sono emblematiche. C'è l'abito istituzionale, ma indigeno, di Evo Morales, il cappello degli antenati del messicano filo-zapatista Lopèz Rodriguez.
Ci sono i cubani del centro protestante martin Luther King che perorano la causa dell'autogestione e del recupero di economie passivizzate. Il dibattito è libero. Le critiche alla Chiesa naturali. L'israeliano Michael Warshawski, sostenitore della causa palestinese, chiede a Monsignor Czerny del Pontificio Consiglio della Giustizia e Pace se non pensa che la Chiesa debba scusarsi per il sostegno al colonialismo. Altri, sostengono che l'etica è importante ma non basta, "serve l'azione dei popoli".
LA PAROLA D'ORDINE scelta dal vaticano è "camminare insieme". E' quella su cui insiste Francesco nel suo discorso in cui premette che non c'è "nessuna ideologia" in questo evento ma solo la voglia di dare voce a coloro che in genere non vengono ascoltati. Come immagine il Papa indica quella del "poliedro, figura geometrica con molte facce distinte". Un modo per valorizzare uomini e donne, laici e cristiani, marxisti e non, tutti sono benvenuti. Il messaggio finale ricorda altri slogan:"Sigan con su lucha", andate avanti con la vostra lotta.
La giornata non mancherà di provocare discussioni interne alla Chiesa. Nel corso dell'incontro il Pontefice si è sentito chiedere la riabilitazione della Teologia della Liberazione e i nomi di Erei Betto e Leonard Boff sono risuonati a voce alta. Oggi si chiude con il documento conclusivo e con la proposta, impegnativa, di costituire un "consiglio del movimento popolare". "Le varie esperienze popssono confluire in modo più coordinato" ha detto lo stesso Francesco. L'ipotesi è quella di un incontro all'anno. "Facciamo un sinodo socialista" aveva proposto qulacuno il primo giorno. La risposta degli organizzatori non è stata scontata:"Non siate troppo clericali, chiamatelo incontro, non sinodo".
E' stato riportato un articolo de "Il Fatto quotidiano" del 29 ottobre 2014. |
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